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La principale differenza tra il Judo Kodokan ed il vecchio Jujitsu può essere riassunta come “l’elevazione di una semplice tecnica a principio di vita”.
Le istruzioni lasciate dal fondatore, come vengono ancora mantenute nell’insegnamento del Kodokan attuale, sono le seguenti: il Judo è il principio della massima efficacia del corpo e dello spirito e il Jujitsu non è altro che un’applicazione di questo principio universale ai sistemi di attacco e di difesa. Seguire questo principio per perfezionare se stessi e contribuire alla prosperità del mondo, questo è il fine ultimo dello studio del Judo.
Più oltre, il Professor Kano riassume quanto è detto sopra nelle massime “Massima efficienza con il minimo sforzo” e “Prosperità e mutuo benessere”.
La caratteristica fondamentale del Judo risiede nell’applicazione del principio del JU, che lo stesso professor Kano illustra nel suo libro: «Che cosa significa realmente questa “flessibilità”, questo “cedere”? Per rispondere a questa domanda, supponiamo di valutare la forza di un uomo in unità.
Diciamo che la forza di un uomo in piedi davanti a me è rappresentata da 10 unità, mentre la mia, inferiore, è rappresentata da 7 unità. Se egli mi spinge con tutta la forza, anche se impiego tutta la mia forza contro la sua, sarei inevitabilmente spinto indietro o gettato a terra. Ma, se invece di oppormi, lascio sfogare la sua forza indietreggiando proprio quando lui spinge più forte, preoccupandomi soltanto di mantenermi in equilibrio, il mio avversario si piegherà in avanti, e così perderà l’equilibrio.
In questa condizione diventerà così debole, a causa della posizione difettosa del suo corpo, che la sua forza sarà momentaneamente rappresentata soltanto da 3 unità al posto delle 10 normali. A questo punto, se ho conservato il mio equilibrio, dispongo di tutte le mie sette unità di forza e mi trovo a lui superiore, tanto che posso batterlo usando soltanto la metà della mia forza, cioè tre unità e mezzo contro le sue tre. Il principio di fare uso soltanto di metà della mia forza è valido in ogni caso. Se disponessi di una forza superiore a quella del mio avversario, potrei sicuramente spingerlo indietro.
Ma anche se lo desiderassi ed avessi il potere di farlo, sarebbe sempre preferibile dapprima cedere, perché in tal modo economizzerei molta energia ed esaurirei quella del mio avversario». Questo è un esempio di come si possa battere un avversario cedendo, ed è stato applicato molte volte nei combattimenti di Jujitsu. È per questo che la parola JU (che significa “morbido” o “cedevole”) divenne sinonimo dell’intera arte.
Questo è il principio del JU. Ma il vero Judo è qualcosa di più. Il Judo non si limita ad ottenere la vittoria sull’avversario semplicemente con la cedevolezza. Nel combattimento fisico talvolta è necessario difendersi e parare i colpi (forme di attacco diretto che sono in contrasto con la cedevolezza).
Se un avversario vi afferra ai polsi, come ci si può liberare senza utilizzare la forza? La situazione si ripete quando qualcuno vi afferra da dietro, stringendovi attorno alle spalle. Così l’uso della cedevolezza non ricorre in tutte le azioni utilizzate nel combattimento di Judo.
C’è dunque un principio veramente universale? Sì, ed è quello “della Massima Efficacia nell’Utilizzazione dello Spirito e del Corpo”. Il Judo non è altro che l’applicazione di questo principio universale alla scienza dell’attacco e della difesa. Interpretando liberamente il significato di JU, si può dire che il suo principio è applicabile quando si ricorre ad un attacco positivo al momento giusto; anche la frase “il Massimo d’Efficacia” non è particolarmente nuova. Ma solo dopo lunghi anni di studi e di allenamento al Judo il Professor Kano è giunto a queste conclusioni. Il principio fondamentale che ottenne è quello conosciuto nella filosofia orientale come Gyo (in sanscrito Samsharah), o esercizio ascetico.
Più gli allievi del Judo progrediscono nei loro studi ed allenamenti, più profondamente comprendono il vero significato di questa espressione. Il nostro fondatore ne spiega il significato profondo con queste parole:
«”La Massima Efficacia nell’Utilizzazione dello Spirito e del Corpo” è il principio fondamentale che regge tutte le tecniche del Judo, ma è anche qualcosa di più. Esso può essere applicato a migliorare il corpo umano, rendendolo forte, sano e utile, costituendo così un’educazione fisica. Può incrementare la forza intellettuale e morale, diventando una forma educativa e parimenti può essere applicato a perfezionare gli organismi sociali, l’abbigliamento, i problemi dell’alloggio, le relazioni sociali ed i metodi di lavoro, costituendo così il modello di un’arte di vita. A questo principio universale ho dato il nome di Judo. Pertanto la visione completa del Judo consiste nell’allenamento dello spirito e del corpo, ma anche in una regola ispiratrice nei rapporti con gli altri e nel lavoro. Uno degli aspetti del Judo consiste nel praticare e nello studiare l’attacco e la difesa. Prima della fondazione del Kodokan, in Giappone veniva esclusivamente studiato e praticato quell’aspetto del Judo che riguarda l’attacco e la difesa, sotto il nome di Jujitsu, di Taijitsu (l’arte di usare il corpo), o di Yawara (la cedevolezza). Ma io giunsi a pensare che lo studio di questo principio universale è più importante della semplice pratica del Jujitsu, dato che la sua reale comprensione permette non solamente di applicarlo a tutte le manifestazioni della vita, ma è realmente importante anche nello studio dello stesso Jujitsu».
Il fondatore del Judo si era convinto, attraverso i suoi studi approfonditi sui differenti metodi di attacco e di difesa, che essi dipendevano completamente da questo principio universale e che qualsiasi obiettivo poteva essere raggiunto dal “Massimo d’Efficacia nell’Utilizzazione dello Spirito e del Corpo”. E quando si comprende la reale efficacia di questo principio, esso può essere applicato a tutte le fasi della vita e permettere di condurre un’esistenza “elevata” e “razionale”.
Ma passiamo al secondo principio: “Prosperità e Mutuo Benessere”, che il fondatore del Judo spiega nel seguente modo: «Quando la Massima Efficacia è applicata all’elevazione o alla perfezione dello spirito e del corpo nella scienza dell’attacco e della difesa, richiede soprattutto ordine ed armonia tra tutti i membri di un gruppo e questa condizione può essere ottenuta con l’aiuto e le mutue concessioni, che portano alla prosperità e al mutuo benessere. Per conseguenza il fine ultimo del Judo è di inculcare nell’animo dell’uomo lo spirito di rispetto per i principi della “Massima Efficienza” e di “Prosperità e Mutuo Benessere”, inducendo a praticarli. Individualmente e collettivamente tale uomo può raggiungere lo stadio più elevato e nello stesso tempo sviluppare il suo corpo ed imparare l’arte dell’attacco e della difesa. Quando considero il judo dualisticamente, “Prosperità e mutuo benessere” viene considerato il fine ultimo, mentre “la Massima Efficacia” è il mezzo per raggiungere questo fine. Ma possiamo anche ridurlo ad un unico principio ed allora il fine, “Prosperità e Mutuo Benessere” sarà incluso nel mezzo, la “Massima Efficacia”. Cos’è, anche se il Judo sembra avere due aspetti, si ispira essenzialmente ad una sola dottrina, quella dell’unità universale cioè la massima efficacia applicabile a tutte le attività e cose umane: questo e null’altro».
L’affermazione che il principio della “Prosperità e Mutuo Benessere” possa essere compreso direttamente attraverso lo studio e l’allenamento del Judo può essere difficile da capire. Si può obiettare che il Judo è in fondo un’arte di combattimento e che il suo obiettivo è quello di vincere battendo l’avversario e pertanto tale principio appare incoerente e tirato per i capelli. Ma “Prosperità e Mutuo Benessere” è la fase ideale del Judo Kodokan, il fine ultimo, che può essere raggiunto solo da coloro che, avendo completamente padroneggiato l’arte e lo spirito del combattimento, hanno superato le nozioni di vittoria e di sconfitta. Dato che il Judo si è sviluppato sulla base del Jujitsu, una delle arti marziali del vecchio Giappone, e che viene oggi studiato appassionatamente con l’obiettivo di vincere dei combattimenti, è necessario stabilire un parallelo tra il suo fine ultimo e lo spirito dei grandi Maestri della scherma e delle altre arti marziali dell’era feudale.
Ma, come è impossibile spiegare per iscritto i misteri dello Zen, così si incontrano difficoltà insormontabili ad esporre l’esperienza dei Maestri del passato. Miyamoto Musashi (1582-1645), un grande Maestro di scherma, dice nel suo libro Gorin-no-sho (“libro dei cinque anelli”): «Tutte le arti marziali, compresa la scherma e l’arte del combattimento con la lancia, hanno i loro segreti, ma sono governate dal principio dell’unità universale, che non si può spiegare con delle parole». Queste parole sono in armonia con il principio di Prosperità e Mutuo Benessere a cui si appellano il Professor Kano e i grandi Maestri delle altre arti marziali. In Oriente questo concetto viene espresso con frasi simboliche come Ju-Go-ichinyo (cedevolezza e forza unite inseparabilmente), anche se sembra riguardare due cose contrastanti, o Ten-Nin-goitsu (il cielo e l’uomo in un corpo solo).
Ma bisogna ricordare che questi principi si basano sull’allenamento e sugli esercizi pratici chiamati Gyo. Nel principio di Prosperità e Mutuo Benessere è implicito il senso di profonda grande armonia che permette alla gente di godere della vita in una società che pratica il reciproco aiuto e le mutue concessioni. Il Professor Kano diceva che il fine ultimo del Judo Kodokan è il contributo alla prosperità ed alla felicità del genere umano attraverso il perfezionamento di se stessi. La ricerca della perfezione richiede uno spirito attratto dalla verità, progredisce solo attraverso uno sforzo costante e l’abnegazione di se stessi. Il più alto stadio della vita spirituale di un individuo si trova laddove le nozioni di “Io” e di “gli altri” vengono superate e ridotte all’unità. Per esempio, Kiichi-sai era uno degli pseudonimi del compianto Professor Kano, e significa “dimora dell’unità”.
Confucio, un grande saggio ed uno dei quattro grandi capi religiosi del mondo, diceva: «All’età di 70 anni potevo seguire i desideri del mio cuore senza trasgredire ciò che era bene». Il livello mentale rappresentato da Prosperità e Mutuo Benessere indica il raggiungimento di un grado di moralità che solo un grande moralista può raggiungere. Il Maestro Kano distingue due fasi nella pratica del Judo: la perfezione individuale ed il contributo alla prosperità ed alla felicità umana. È una divisione pratica, ma in realtà sono due differenti aspetti del fine ultimo, cioè di Prosperità e Mutuo Benessere.
Ottenere questo ideale è l’obiettivo dello studio e dell’allenamento judoistico. Il Maestro insegnava tutto questo sotto forma di moralità pratica: per esempio chiedeva agli allievi di non utilizzare nell’allenamento tecniche che potessero ferire l’avversario, perché questa violenza su una persona è contraria allo spirito di Prosperità e Mutuo Benessere. Insegnava anche che bisogna regolare le relazioni con gli altri ispirandosi, nella vita sociale, ai principi dell’aiuto e delle mutue concessioni, cioè alla Prosperità ed al Mutuo Benessere.
Egli evitava, con i discepoli, i discorsi sui profondi principi filosofici del Judo, preferendo istruirli nelle piccole cose del comportamento quotidiano ed osservando il loro progresso verso i più alti livelli dello spirito. Infatti è necessario che il judoka progredisca nella pratica quotidiana; in questo modo dà vita ad un mondo d’armonia, di pace e d’amore, ad uno stato di perfezione in cui, come insegna il Buddhismo, “se stessi e l’universo sono un solo corpo”, o “se stessi e gli altri sono fusi insieme”. È questo il culmine della filosofia orientale, che incorpora l’ideale elevato del Cristianesimo e rappresenta la suprema aspirazione del genere umano.