LE ORIGINI
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L’origine delle arti marziali è antichissima, si può far risalire alla civiltà Indù, periodo in cui il popolo guerriero degli Arii (popolo originario della regione caucasica) sottomise la pacifica civiltà della valle dell’Indo ( fiume dell’attuale Pakistan ), una popolazione che venerava il culto religioso alla divinità femminile della dea Kalì e che aveva già sviluppato tecniche vicine allo Yoga. Da questo incontro di civiltà nacque Induismo (900 a.C.) il quale non è altro che una trasformazione dei principi vedici ( i canoni religiosi ariani ) adattati alla religione preesistente.
La nuova civiltà si presentava divisa in 4 caste: la prima era la casta dei sacerdoti o Bramhani; la seconda , quella di guerrieri e principi (detta Kshatrya), la terza, era costituita da agricoltori, artigiani e commercianti ed era chiamata (Vaicya); la quarta, era la casta dei servi e degli operai ed era detta (Cudra). E’ alla civiltà Indù ed al suo particolare sistema di divisione in ristretti gruppi, che si può far risalire l’origine delle arti marziali, poiché la caste dei guerrieri, rigidamente chiusa sviluppò una raffinata forma di combattimento chiamata vitaramuki, termine che significa “uomo il cui pugno è chiuso a diamante” La vitaramuki probabilmente era una forma di combattimento simile alla moderna boxe. Le forme elaborate dalla casta dei guerrieri sono giunte sino a noi attraverso un processo di trasformazione millenario .
Nella sua evoluzione, l’arte marziale si è caratterizzata essenzialmente come arte della spada: La casta militare dei samurai medievali padri di gran parte delle arti marziali, praticate ancor oggi salì al potere attorno all’anno 1000. Furono proprio i samurai a portare quest’arte all’apice della raffinatezza tecnica. D’altra parte l’arte della spada, intesa come sviluppo spirituale attraverso l’esercizio delle armi, ha origine dalla cultura cinese. Anche la stessa lavorazione del ferro giunse in Giappone dalla Cina, i giapponesi l’appresero molto probabilmente intorno all’anno 360 d.c. durante l’invasione che li portò in Corea e in Cina, in un’epoca in cui le tecniche marziali erano già approdate al più alto livello di sofisticazione. Queste si erano evolute sulla scorta della filosofia taoista e confuciana, poiché appannaggio esclusivo della classe dei filosofi e degli intellettuali seguaci delle dottrine di Confucio e di Lao-Tse (il fondatore del taoismo). Complessivamente sono dette stili marziali interni, poiché l’insegnamento spirituale è preponderante rispetto a quello tecnico. La denominazione di “interna”è tuttora in uso negli stili delle arti marziali moderne e si contrappone a “esterna”.
Gli stili marziali esterni sono invece derivati dalle scuole di arti marziali istituite dai monaci del tempio Shaolin. Le due modalità, le interne e le esterne, si sono nel tempo spesso fuse, dando così vita a una gran quantità di stili ibridi. Altra differenza tra gli stili è determinata dal paese d’origine. In Indonesia, Corea , Giappone ed Indocina , dove i coloni cinesi portarono le loro antiche tecniche di combattimento, si sono sviluppate nel tempo arti marziali autoctone, spesso lontane dagli originari stili cinesi. In Thailandia per esempio è famosa la scuola di boxe Tai boxing un insieme di tecniche di calci e pugni sferrati con ginocchia e gomiti,che presenta evidenti analogie con il Kung Fu cinese, cosi come il Vietvodao vietnamita, che si insegna nelle moderne palestre. Gli stili interni si basano essenzialmente sullo sviluppo del centro energetico il così detto chi (“ki ” in giapponese ” prana” in Indiano) centro che nel corpo è situato qualche centimetro sotto l’ombelico in corrispondenza del baricentro, dove si pensa si concentri l’energia del corpo;
“(energia vitale universale), che in questo caso prende il nome di hara. Sia il tanden, l’hara che il Ki sono elementi fondamentali in tutte le forme della medicina asiatica dall’agopuntura, allo shiatzu ed a tante altre
La traduzione di tanden è molto esplicativa: tan significa essenza, riferito proprio alla medicina e den significa campo di riso. Il tanden dunque non è un punto, ma una distesa che attraversa il basso addome e che, come una risaia, si può dividere in più sezioni. Questo punto non ha. quindi una grandezza o posizione definibile. La sua posizione slitta più in basso e persino fuori del corpo, quando la parte superiore è inclinata in avanti o indietro. Tra tanden e hara non c’è differenza, nella loro interpretazione forse cambia leggermente il tipo di energia cui fa riferimento: per il tanden più fisica, per l’hara più vicina al Ki “.
All’interno delle lo scuole i samurai si esercitavano nel controllo del “ki” parte importantissima dell’addestramento di un buon samurai , il quale in tal modo poteva riuscire a prevedere gli attacchi ed i colpi ed a sopportare il dolore delle ferite. queste tecniche di controllo dell’energia derivavano dagli stili interni cinesi, nei quali si erano studiati metodi di controllo dell’energia sia per fini marziali che terapeutici.
Gli stili marziali interni in Cina avevano sviluppato il concetto del Ki a partire dalla teoria del tao.
Si deve al taoismo fondato da Lao-tse fra il .sesto e quinto secolo a.C. l’introduzione del concetto del tao ( via che indica il metodo) concetto atto a mantenere un rapporto armonico tra vita materiale e vita spirituale. Il tao del cielo, (yan) il tao della terra (yin) ed il tao dell’essere umano. Il tao dell’uomo era il risultato dell’interazione tra il tao della terra e il tao del cielo a indicare che in esso si fondevano e trovavano il compimento delle due vie.
Il cielo circolare e splendente, corrispondeva alla mente, la terra quadrata e mistica, al corpo. Il pensiero cinese, identifica infatti, la creazione dell’universo con l’incontro tra l’energia yan (che è il luminoso, il movimento, la vita), e l’energia yin (che raffigura l’ombra, l’immobilità, la morte) due quindi le direzioni fondamentali: l’alto il cielo, ed il basso la terra. L’universo osmogonico attraverso le proprie teorie scientifiche, si compone dei cinque principi creatori del mondo, detti 5 elementi: legno, fuoco, terra, metallo, acqua, in più delle 5 direzioni, ovvero i quattro punti cardinali e il centro.La tradizione marziale cinese ha però origini anteriori rispetto al taoismo, risalendo ad un epoca di molto precedente , quella del libro dei mutamenti, detto I Ching.
Antichissimo testo oracolare cinese di origini mitiche. Nell’arte della divinazione dell’I-Ching venivano usati i Pakwa (che è poi il nome di uno stile marziale interni) o 8 trigrammi, con le loro combinazioni; questi sono simboli formati da tre linee spezzate o diritte (yin= linea spezzata),che nelle loro combinazioni venivano concepiti come immagini di ciò che avviene in cielo e in terra, secondo il movimento di continuo trapasso da un fenomeno all’atro, ovvero il progressivo divenire dell’universo. Gli otto segni sono immagini di questo trapassare dei mutevoli stati delle cose, ne indicano inoltre le loro tendenze motorie. L’armonia fra le due energie è la stessa che regna nell’universo.
Negli stili interni cinesi, dunque, si praticava lo sviluppo dell’energia interna del ki attraverso movimenti di difesa, basati sui movimenti abbinati agli otto trigrammi. Con l’introduzione del taoismo, negli stili interni furono applicati concetti come il paradosso di Loa-Tse ” la forza della debolezza”, o il concetto del beneficio di cedere all’avversario” o del “vantaggio di trovarsi sotto, idee fondamentali nella filosofia di Lao –Tse e negli stili interni trovano espressione in quelle tecniche che prevedono di non opporsi alla forza dell’avversario ma in qualche modo di accoglierla, insomma invece di parare il colpo, assorbirlo schivandolo ed approfittare della opportunità che si presenta in qual momento approfittare per un attacco e proiettare a terra l’avversario.
Analogamente concetti come seguire la linea di minima resistenza contenuti nell’ I Ching, ispirano le tecniche di difesa in senso di risposta passiva alla forza dell’avversario. L’influsso del Taoismo e del confucianesimo negli antichi stili interni cinesi del chi determinava anche una specifica, importante caratteristica. l’insegnamento imponeva tanto al filosofo quanto al maestro di combattimento una severa dirittura morale e una continua ricerca dell’armonia tra le forze positive e negative della natura, peculiarità che si è conservata fino alle moderne scuole di arti marziali. Gli stili di arti marziali sono sempre stai, sin dalle lo origini, delle discipline psicofisiche, che attraverso lo studio del combattimento, si prefiggono di raggiungere un benessere, un’armonia tra l’uomo e il suo ambiente, e fra il corpo e la mente, finalità delle stesse arti marziali ancora praticate. In realtà le scuole interne di derivazione taoista confuciana, più antiche di quelle esterne, si formano a partire dalla diffusione in Cina del Buddismo Mahayana (grande Veicolo), ossia allorché il , istituendo le scuole di difesa esterne. buddismo zen assunse usi e consuetudini preesistenti istituendo scuole di difesa esterne.
Confucianesimo e taoismo, con la loro propensione a riferire alcuni concetti cosmogonici alla condotta umana, hanno sviluppato sistemi applicati alle varie discipline e aspetti della vita, basati su principi universali e cosmologici. Questo tipo di teorie applicate , o teorie/tecniche, è tipico del pensiero orientale e in particolare cinese. Ma è con il buddismo Mahayana, là dove la preghiera diviene meditazione,ovvero un concentrarsi di se stessi, che queste particolari forme teoriche/tecniche hanno il loro pieno sviluppo. Pertanto, nella pratica del chi, rivolgersi a se stessi significa porre mente al proprio baricentro, dunque controllarlo. In alcune arti Marziali, attraverso le tecniche di proiezione, si studia esattamente il controllo del proprio baricentro, in relazione a quello dell’avversario, il colpo viene evitato e la forza è restituita all’avversario, il quale è così proiettato.
Se gli stili interni si basano su una forma di meditazione applicata, sono però anche valide discipline del corpo. Le arti marziali interne costituiscono un insieme di tecniche, sia a coppia che a movimenti singoli (Kata), tendenti a sviluppare qualità utili a mantenere una buona forma fisica:rafforzando il senso dell’equilibrio, liberano dalla paura di cadere ed aiutano a migliorare la coordinazione dei movimenti.
Le arti marziali esterne sono invece improntate allo sviluppo della potenza,perchè il corpo deve sprigionare potenza di attacco in velocità,tendono, quindi sviluppare più forza fisica di conseguenza richiedono allenamenti più pesanti rispetto a quelle interne. Spesso, quando si parla d i energia del chi, ci si trova di fronte a reazioni scettiche, ma il fatto che il nostro corpo abbia un baricentro determinato dalla forza gravitazionale terrestre è la più valida dimostrazione a difesa del chi, il quale non è dunque un’energia mistica, percepita solo da pochi, ma piuttosto una condizione naturale.
(tratto da edizioni Edimedia s.a.s FI)